[1958] • JUAN PABLO II (1978-2005) • LAS LEYES HUMANAS AL SERVICIO DE LA FAMILIA Y DE LA VIDA
Del Discurso Sono lieto, en el Jubileo de los Gobernantes, Parlamentarios y Políticos, 4 noviembre 2000
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4. Quisiera dirigir ahora unas palabras, en particular, a aquellos de vosotros que tienen la delicada misión de formular y aprobar las leyes: una tarea que aproxima el hombre a Dios, supremo Legislador, de cuya Ley eterna toda ley recibe en ultima instancia su validez y su fuerza obligante. A esto se refiere precisamente la afirmación de que la ley positiva no puede contradecir la ley natural, al ser ésta una indicación de las normas primeras y esenciales que regulan la vida moral y, por tanto, expresión de las características, de las exigencias profundas y de los más elevados valores de la persona humana. Como afirmé también en la encíclica Evangelium vitae, “en la base de estos valores no pueden estar provisionales y volubles mayorías de opinión, sino sólo el reconocimiento de una ley moral objetiva que, en cuanto ley natural inscrita en el corazón del hombre, es punto de referencia normativa de la misma ley civil” (n. 70)[1].
Esto significa que las leyes, sean cuales fueren los campos en que interviene o se ve obligado a intervenir el legislador, tienen que respetar y promover siempre a las personas humanas en sus diversas exigencias espirituales y materiales, individuales, familiares y sociales. Por tanto, una ley que no respete el derecho a la vida del ser humano, desde la concepción a la muerte natural, sea cual fuere la condición en que se encuentra, sano o enfermo, todavía en estado embrionario, anciano o en estadio terminal, no es una ley conforme al designio divino. Así pues, un legislador cristiano no puede contribuir a formularla ni aprobarla en el Parlamento, aun cuando, durante las discusiones parlamentarias allí donde ya existe, le es lícito proponer enmiendas que atenúen su carácter nocivo. Lo mismo puede decirse de toda ley que perjudique a la familia y atente contra su unidad e indisolubilidad, o bien otorgue validez legal a uniones entre personas, incluso del mismo sexo, que pretendan suplantar, con los mismos derechos, a la familia basada en el matrimonio entre un hombre y una mujer.
En la actual sociedad pluralista, el legislador cristiano se encuentra ciertamente ante concepciones de vida, leyes y peticiones de legalización que contrastan con la propia conciencia. En tales casos, será la prudencia cristiana, que es la virtud propia del político cristiano, la que le indique cómo comportarse para que, por un lado, no desoiga la voz de su conciencia rectamente formada y, por otra, no deje de cumplir su tarea de legislador. Para el cristiano de hoy, no se trata de huir del mundo en el que le ha puesto la llamada de Dios, sino más bien de dar testimonio de su fe y de ser coherente con sus principios, en las circunstancias difíciles y siempre nuevas que caracterizan el ámbito político.
[O.R. (e. c.), 10.XI.2000, 5]
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4. Una parola particolare vorrei ora rivolgere a coloro, tra Voi, che hanno il delicatissimo compito di formulare ed approvare le leggi: un compito che avvicina l’uomo a Dio, Legislatore supremo, dalla cui Legge eterna ogni legge attinge, in ultima analisi, la sua validità e la sua forza obbligante. Proprio a questo si intende alludere quando si afferma che la legge positiva non può contraddire la legge naturale, null’altro essendo quest’ultima se non l’indicazione delle norme prime ed essenziali che regolano la vita morale, e quindi di quelli che sono i caratteri, le esigenze profonde e i valori più alti della persona umana. Come già ho avuto modo di affermare anche nell’Enciclica Evangelium vitae, “alla base di questi valori non possono esservi provvisorie e mutevoli ‘maggioranze’ di opinione, ma solo il riconoscimento di una legge morale obiettiva che, in quanto ‘legge naturale’ iscritta nel cuore dell’uomo, è punto di riferimento normativo della stessa legge civile” (n. 70)[1].
Questo significa che le leggi, quali che siano i campi in cui il legislatore interviene o è obbligato ad intervenire, devono sempre rispettare e promuovere –nella varietà delle loro esigenze spirituali e materiali, personali, familiari e sociali– le persone umane. Perciò una legge che non rispetti il diritto alla vita –dalla concezione alla morte naturale– dell’essere umano, quale che sia la condizione in cui si trova –sia esso sano o malato, ancora allo stato embrionale, vecchio o in stadio terminale– non è una legge conforme al disegno divino: perciò, un legislatore cristiano non può né contribuire a formularla né approvarla in sede parlamentare, anche se, là dove già esiste, gli è lecito proporre emendamenti che ne attenuino la dannosità in sede di discussione parlamentare. Lo stesso deve dirsi di ogni legge che danneggi la famiglia e attenti alla sua unità e alla sua indissolubilità oppure dia validità legale a unioni tra persone, anche dello stesso sesso, che pretendano di surrogare con gli stessi diritti la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.
Indubbiamente, nell’attuale società pluralistica, il legislatore cristiano si trova di fronte a concezioni di vita, a leggi e a richieste di legalizzazione che sono in contrasto con la propria coscienza. Sarà allora la prudenza cristiana, che è la virtù propria del politico cristiano, ad indicargli come comportarsi per non venir meno, da una parte, al richiamo della sua coscienza rettamente formata, e non mancare, dall’altra, al suo compito di legislatore. Non si tratta, per il cristiano di oggi, di uscire dal mondo in cui la chiamata di Dio l’ha posto, ma piuttosto di dare testimonianza della propria fede e di essere coerente con i propri principi, nelle difficili e sempre nuove circostanze che caratterizzano l’ambito della politica.
[O.R., 6-7.XI.2000, 7]